ristrutturazione edilizia
Il concetto di “ristrutturazione edilizia” trova la sua base normativa nell’art. 3 del D.P.R. 6/6/2001 n. 380 nel quale è stato trasfuso l’art. 31 della legge 5/8/1978 n. 457.
Secondo l’articolo 3 citato (come mod. dall’art. 1, D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301) si intendono «interventi di ristrutturazione edilizia», gli interventi «rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica».
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale la definizione di ristrutturazione edilizia (art. 3, lett d, dpr n. 380/2001) fa riferimento alla possibilità che tale tipo di intervento comporti la costruzione di un edificio in tutto o in parte diverso, ma in quanto limite complessivo e non dimensionale ammesso e raggiungibile dall’intervento; quanto alla tipologia, la disposizione, prevede che l’insieme sistematico delle opere che connota la ristrutturazione, si realizza anche attraverso la sostituzione dei materiali e può condurre a detto diverso risultato, ma ribadisce anche il rispetto della volumetria preesistente; a differenza della sostituzione dei materiali, l’incremento volumetrico non rientra nelle diversità ammesse dalla definizione di ristrutturazione (cfr Cons di Stato, 15 settembre 2009 n. 5509, 22 marzo 2007 n. 1388, 31 ottobre 2006 n. 6464, 30 agosto 2006 n. 5061, 16 marzo 2005 n. 1062 e 15 aprile 2004 n. 2142).
Più in generale, nel mancato rispetto delle puntuali caratteristiche preesistenti, ossia quando non vi sia piena “fedeltà” dell’intervento progettato rispetto al vecchio fabbricato, non può parlarsi di “ristrutturazione”, bensì il medesimo intervento deve essere qualificato come “nuova costruzione” e, in quanto tale, resta assoggettato alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche dettate in proposito (cfr., sul punto, Cons. St., Sez. V, 3 marzo 2004 n. 1022 e n. 918/2008).
Pertanto per ristrutturazione edilizia s’intende quella che riconduce ogni innovazione (anche di ordine strutturale) pur sempre nell’ambito dell’identità tipologica del fabbricato originario, replicandone sostanzialmente volume, superficie, sagoma ed altezza (cfr. ex multis Cons. di Stato - Sez. V - 16/3/2005 n. 1062 e riferimenti ivi); nella nozione di ristrutturazione edilizia rientra anche la demolizione e la ricostruzione del manufatto purchè quest’ultima sia - appunto - fedele alla preesistete sagoma, volume e superficie (Cons. di Stato - Sez. IV - 28/7/2005 n. 4011; id. 7/9/2004 n. 5791).
Il concetto di ristrutturazione edilizia comprende dunque anche la demolizione seguita dalla ricostruzione del manufatto, purché la riedificazione assicuri la piena conformità di sagoma e volume tra il vecchio e il nuovo manufatto.
È quindi possibile pervenire in tal modo ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, a condizione che la diversità sia dovuta ad interventi comprendenti il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, e non già la realizzazione di nuovi volumi o una diversa ubicazione.
Altrimenti, se così non fosse, basterebbe la preesistenza di un edificio per definire ristrutturazione qualsiasi nuova realizzazione eseguita in luogo o sul luogo di quella preesistente (cfr. TAR Campania, Sezione II Napoli, sentenza n.5110 del 30/09/2009, Consiglio di Stato, sez. V, 4 marzo 2008, n. 918).
Ciò che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione è la già avvenuta trasformazione del territorio, attraverso una edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un “insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”), ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma - in quest’ultimo caso - con ricostruzione, se non “fedele” (termine espunto dall’attuale disciplina), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (cfr. Consiglio di stato, sez. VI, 16 dicembre 2008 , n. 6214; per il principio, comunque pacifico, Cons. St., sez. IV, 28.7.2005, n. 4011; Cons. St., sez. VI, 9.9.2005, n. 4668; Cons. St., sez. V, 29.5.2006, n. 3229; Cons. St., sez. V, 30.8.2006, n. 5061; Cons. St. sez. IV, 26.2.2008, n. 681; Cons. St., sez. V, 4.3.2008, n. 918; Cons. St., sez. IV, 16.6.2008, n. 2981).
Fonte urbium